INTRODUZIONE - Torchwood

Torchwood è uno spin-off della serie di fantacenza britannica Doctor Who. Ad oggi ne sono state prodotte due serie, nel 2007 e nel 2008 rispettivamente. La terza serie è in produzione e sarà costituita da soli 5 episodi. Per la quarta si sà che dovrebbere essere prodotta e avrà lunghezza normale (13 episodi).

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SINOSSI

Il progetto si sviluppa su cinque capitoli, le cui linee principali son già definite. Ecco qui una breve presentazione di ciascun capitolo, con i link per i post completi.

martedì 23 settembre 2008

Meraviglioso silenzio

1.2. Meraviglioso silenzio
Era in cucina, mentre stava preparando un caffè, quando entrò la ragazza.
- Buon giorno.
- Buongiorno, come ti devo chiamare?
- Non so. Questa notte hoprovato a farmi venire in mente qualcosa o qualche nome, ma le uniche cose che sono riuscita a ricordare sono state una stanza bianca e il nome Agatha. Non so se sia il mio, a dire il vero non credo, ma non riesco proprio a ricordae nient'altro. E mi piace.
- Agatha sia. Buongiorno, Agatha. - e sorridendo le porse una tazza di caffè caldo. Poi alzò lo sguardo e con il dito indicò un sacchetto di Mark&Spencer's appoggiato sulla poltrona di pelle.
Appena sveglio quella mattina era uscito per comprarle dei vestiti. In casa aveva ancora qualcosa di Lisa, ma non era ancora pronto a prestarli a nessuno, nonostante la ragazza gli piacesse. Una volta in città, però realizzò due cose, in primo luogo che era troppo presto, che i negozi avrebbero aperto di lì a un'ora e che se voleva fare qualche compera doveva arrivare tardi a lavoro, o meglio ancora non andarci affatto. Secondo, non sapeva che taglia prenderle, a occhio poteva essere una 12-14, ma l'aveva sempre vista infagottata su in qualche maniera, quindi non ne era affatto sicuro. Il primo problema lo risolse chiamando in ufficio e dicendo che non si sentiva molto bene, un raffreddore molto forte, per cui preferiva rimanere a letto e cercare di riprendersi. Quindi aspettò che aprisse il primo grande magazzino (Mark&Spencer's per l'appunto) e comprò l'essenziale perché potesse uscire di casa. Il resto del guardaroba lo avrebbe acquistato con lei presente.
Seguendo la direzione indicata dall'indice, lo sgurdo di Agatha si posò sul sacchetto. Appreso che il contenuto era destinato a lei si fiondò sul divano, lo prese, ci ficcò dentro la testa e tirò fuori tutto: un reggiseno con mutandine in coordinato, una gonna rossa e una maglietta nera. In un sacchetto più piccolo nascosto dietro il primo c'era poi una scatola con dentro un paio di scarpe, dei mocassini in pelle marrone con una spessa suola di gomma. Niente di che a essere sinceri, di questo Ianto ne era più che conspevole, soprattutto in quel momento, mentre stava li fissando buttati senza ordine né grazia sulla sua poltrona. Ma per Agatha la situazione era totalmente diversa, fissava i vestiti con occhi sgranati, tutto il suo corpo sembrava fremere per l'eccitazione, le mani tremavano, il respiro era ansimante, con evidenti movimenti del petto. Con un movimento brusco si sfilò i boxer e la maglietta, che aveva usato come pigiama, rimanendo in pochi secondi totalmente nuda. Con gli stessi movimenti a scatti, ma senza il minimo tentativo di nascondere almeno le parti più intime si vestì. Fissandola Ianto fu molto sollevato nel constatare che, sebbene il black-out le avesse probabilmente cancellato la parte di memoria in cui si trovava il senso del pudore, le abilità pratiche sembravano ben conservate. Ora era abbigliata come una donna e come una donna comincò a comportarsi. Quel modo di fare vagamente selvatico, sembrava più sotto controllo. Avanzò con passo tranquillo e si sedette al tavolo, davanti al suo caffè. Prima di comiciare a bere spostò l'altra sedia e fece segno a Ianto di accomodarsi. - Ora possiamo fare colazione. - disse sorridendo per la prima volta.
La giornata trascorse tranquilla. dopo la colazione, uscirono a fare un po' di shopping, lei lo costrinse a fermarsi a pranzare al Burger King. Alle tre del pomeriggio erano a casa, ma Ianto non aveva voglia di tornare al lavoro. Provava nei confronti della ragazzina una strana intimità, c'era feeling, gli piaceva molto. Erano due silenziosi e rispettando questa loro inclinazione stavano per lo più in silenzio. Non era però il silenzio imbarazzato, che gela l'atmosfera quando due persone smettono di parlarsi perché non sanno più cosa dirsi. Era quel silenzio pieno e avvolgente, che pregna di sé il tempo e la situazione, senza bisogno di essere riempito da parole inutili. Erano in soggiorno, lui seduto sulla poltrona, lei sul divano. La luce filtrava attraverso le tende, i raggi di sole spezzavano la continuità della penombra e si posavano sugli oggetti della stanza, disegandone le sagome come aureole dorate. Erano lì, nel silenzio, nella penombra, in pace. Nessuno parlava, perché entrambi sapevano che nel momento in cui uno dei due averebbe aperto bocca, quella pace si sarebbe dissolta e la realtà sarebbe stata dura da affrontare. Così non parlarono. Ognuno fece quello che doveva senza proferir parola. Aghata ordinò i nuovi vestiti nella stanza degli ospiti, si sedette sul letto e cominciò a immaginare la sua stanza, come quella cameretta impersonale si sarebbe trasformata nella sua stanza. Ianto uscì di nuovo, per comprare la cena e tornato a casa si mise a cucinare. Mangiarono un risotto alle erbette e pomodorini accompagnto da un vino bianco leggermente fruttato. Poi ascoltarono un po' di musica, del jazz, Keith Jarrett per l'esattezza.

Il meraviglioso silenzio finì, purtroppo, la sera seguente, non appena Ianto rincasò dal lavoro.
- Che cosa faccio? - gli chiese Agatha, fissandolo con gli occhi sgranati e la malinconia di chi ha la sensazione che la via gli scivoli via senza mai veramente toccarla. Aveva paura che le sue giornate si esaurissero nello stare segregata in casa a leggere e guardare la tv, ospite un uomo buono, di uno sconosciuto con la sua vita. Per fare qualcosa, qualsiasi cosa, doveva avere una vita, ma la sua era praticamente inaccessibile, sigillata in un angolo della sua mente che le era totalmente inacessibile, per ora e chissà per quanto altro tempo.
- Non lo so, finché non capiamo chi sei...
- Me ne sto nascosta qui, al sicuro dai cattivi, o dai buoni, nel caso mi fossi dimenticata di essere cattiva.
- Senti, dove lavoro ti possono aiutare, ma devo prima capire chi sei
- Non possono aiutarmi anche su questo punto?
- Sì, certo, ma non è detto che la tua identità gli piaccia e che continuino ad aiutarti.
- Cosa fai?
- Non posso parlartene.
- Sei nei servizi segrati? Dai, sono una ragazzina con un'amnesia retograda praticamente totale, che vivrà segregata nel tuo appartamento fino a che lo vorrai. Non sono una minaccia da nessun punto di vista.
- Non posso e basta.
- Va bene. Però fa qualcosa. Non sto bene.
Il silenzio che seguì questa conversazione, fu pieno di malinconia e preoccupazioni. Ianto sapeva di dover parlare di Agatha a Trochwood. Lo doveva fare per il bene di entrambi. Con l'aiuto della squadra sarebbero risaliti all'identità di Agatha in poco tempo o nella peggiore delle ipotesi ne avrebbero facilmente greata una nuova. Soprattutto non poteva tradirli di nuovo, dopo quello che era successo con Lisa, non poteva permettersi di nascondere niente alla base, nulla che avesse anche solo la minima rilevanza. Certo era situazione completamente diversa. Non amava Agatha come amava Lisa, Agatha difficilmente avrebbe potuto essere un pericolo concreto per l'incolumità generale. Eppure, i suoi sentimenti per lui erano intensi, non ne era attratto, ma sentiva il dovere di proteggerla. Era strana, molto strana. Il tatuaggio innanzittutto, ma non solo. Il fatto che l'avesse visto nonostante il filtro di percezione, il suo modo di fare, la velocità con cui cambiava, si "civilizzava". Una ragazza, che non si ricorda nulla se non le ultime due settimane, passate a vivere per strada come una barbona e che si spoglia senza il minimo imbarazzo davanti a un estraneo , improvvisamente si mette a parlare di "amnesia anterograda", come se fosse la cosa più normale del mondo.
- Dove hai sentito parlare di amnesia anterograda?
- Alla televisione. Ho visto un documentario sul paziente H. M. Hanno vagamente accennato anche agli altri tipi di amnesia, non solo quella aterogrda, e tra qusti c'era pure la mia. Hanno detto che in generale i deficit retrogradi si recuperano, magari solo in parte, ma non ci sono molto casi totalmente irreversibili. Sono più comuni nel caso di amnesie anterograde, per l'appunto determinate dalla perdita delle zone dell'encefalo deputate alla memoria a breve e medio termine, alla formazione dei ricordi. Quel poveretto è stato operato a 27 anni per curare un'epilessia insensibile ai farmaci. Dal momento che il focolaio epilettico era localizzato agli ippocampi dei due emisferi hanno eseguito una resezione bilaterale della parte mediale del lobo temporale. In quel momento la sua vita si è fermata, lui è rimasto quello che era, perché non è più stato in grado di ricordarsi alcun chè. E' terribile, è una delle cose più agghiaccianti che possano succedere a qualcuno. Non ricordarsi chi sei stato da un certo punto della tua vita in dietro è comunque meglio di non ricordarsi chi sei stato da un certo punto della tua vita in avanti.- Era esattamente quello che sembrava, si ricordava tutto, capiva in fretta e assorbiva qualsiasi nozione semplicemente venendone a contatto.
- Ok. Domani ne parlo con il mio capo. Ti porterò alla base e vedremo lì cosa fare.
- "Alla base", fa tanto thriller o fantascenza. Che base?
Ma Ianto non rispose. E l'indomani non parlò con Jack di Agatha, nemmeno il giorno seguente e quello dopo ancora. Il lavoro continuava a essere stranamente tranquillo. Non succedeva nulla, eppure riusciva sempre a trovare qualcosa da fare, qualcosa che lo tenesse lontano da Jack e poi arrivavano le 18.30, staccava e tornava a casa. Cominciava a capire perché voleva tenere nascosta Agatha, lei era la sua via di fuga. La via di fuga da Torchwood. Era la prima cosa, da quando era morta Lisa, ad avere un significato. Per la prima volta in due anni si stava occupando di qualcuno, non di qualcosa. Ed era egoista e possessivo. Se ne rese conto in quel momento. Si stava occupando di lei, nel senso che le aveva dato un tetto sopra la testa e tutte le sere le preparava la cena, ma non era questo quello che lei voleva. Sapeva benissimo quello che lei desiderava. Agatha voleva una vita. Lui l'aveva semplicemente messa in una prigione più accogliente di una stanza bianca piena di luce, più sicura di un ponte sotto cui ripararsi la notte. Forse era anche riuscito a offrirle un po' di calore e compagnia, probabilmente era per questo che non era ancora scappata, ma in un certo senso l'aveva tradita. Rifiutandosi di portarla a Torchwood, la condannava a non avere un'identità a non poter fare nulla, a non poter interagire con nessuno a parte lui. Non era giusto. Il giorno dopo l'avrebbe aiutata sul serio.
Arrivò a casa e si accorse di aver dimenticato le chiavi dell'appartamento. Suonò il campanello e in un attimo la porta si aprì. Agatha sorrideva, con la testa leggermente reclinata a sinistra e nello sguardo un misto di innocenza e dolcezza, mamma e bambina allo stesso tempo.
مساء الخير ونرحب -
- Cosa?
- Buona sera e benvenuto.
- In che lingua, scusa?
- Arabo.
- Perché?
كنت موقد. فتحت التلفزيون وكانت هناك قناة العربية. -
- Eh?
- Ero stufa. Ho acceso la televisione e c'era un canale arabo.
- Hai imparato l'arabo in 5 minuti?
- No, non sono un alieno. In un pomeriggio.
Non è normale, penò Ianto. Se ci fosse stato ancora bisogno di una conferma sulla necessità di portarla alla base, era questa, non poteva più tergiversare, c'era qualcosa di molto strano in lei.
- Non sono andato a fare la spesa. Pensavo di ordinare la pizza. Ti va?
- Certo. Scegli tu i gusti. Io vado a vedere la tv.
- Cosa stai guardando?
- Sempre l'emittente araba. Un telefilm italiano che parla di questa specie di poliziotti, che vivono in una caserma in un paesino molto grazioso. La protagonista è una bellona con le tette grosse e lo sguardo poco espressivo. Non capisco se è una paroia o è solo molto brutto. Si chiama "Carabinieri".
Ianto sorrise, sempre più stupefatto. Prese il telefono e mentre si toglieva il cappotto chiamò il take-away per ordinare una pizza grande, metà peperoni e salame piccante, metà prosciutto e funghi. Il fattorino sarebbe arrivato in un quarto d'ora, andò in camera a togliersi il vestito e farsi una doccia.
La porta suonò, Ianto era ancora in camera, doveva essere appena uscito dalla doccia, perché il rumore dell'acqua era finito da poco.
- Vado io. - disse Agatha, alzando la voce, ma non urlando. Non aveva urlato, perché Ianto non urlava mai. Era così diverso dalle persone che vedeva in tv, loro urlavano, piangevano, gioivano e si disperavano in modo sguaiato, quasi invadente, ma lui no. Lui era altero, composto, pacato, silenzioso. Le piaceva molto. Così come le piaceva molto la tv. Era l'unica cosa che le permetteva di non impazzire, tutto il giorno da sola a casa. Aveva provato a leggere. C'erano parecchi libri in casa, per lo più romanzi, ma non era la stessa cosa. Vedere degli esseri umani agitarsi in una scatola era diverso che immaginarseli mentre si struggevano per pene d'amore o dilemmi morali. Non erano reali né gli uni né gli altri. I primi le sembravano più veri perché le erano più estranei, lei non contribuiva minimamente alla loro creazione. I personaggi di cui aveva letto avevano la fattezze che lei gli aveva attribuito, questi no, avevano le loro fattezze, o al massimo quelle che truccatori e sceneggiatori gli avevano attribuito. Ad ogni modo lei non centrava. E questo glieli facevca sembrare più reali. Una finestra sul mondo.
Aprì la porta e senza neanche guardare domandò al ragazzo quanto gli doveva per le pizze.
- Niente, solo dirmi chi sei e invitarmi a cena.
Alzò lo sguardo e vide un bell'uomo. Alto, biondo, occhi azzurri. Indossava una camicia, azzurra anch'essa, e un paio di pantaloni grigi, tenuti su dalle brettelle. Sulle spalle aveva un cappotto lungo in stile militare, anzi a guardarlo attentamente sembrava un cappotto militare originale. Aveva nello sguardo un che di strafottente, eppure non riusciva a nascndere una certa sorpresa. Quell'uomo si era tovato di fronte qualcuno di inaspettato, qulcuno che aveva gli suscitava un certo disappunto.

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